Suono e ricettività: il Metodo Vittoz

di Francesca Volpe

“(Questo articolo è apparso originariamente su Riza Scienze n. 129 – Dicembre 1998)

In questo breve articolo cercheremo di avvicinarci agli aspetti essenziali del metodo Vittoz, evidenziando quanto sia importante la rieducazione di un atteggiamento ricettivo anche per tutti coloro che hanno a che fare col mondo dei suoni, siano essi professionisti, terapeuti o semplici ascoltatori.

Necessita di Unità

Decodificare e riprodurre un nuovo linguaggio, affinare una gestualità, lasciar risuonare l’emozione che pervade la musica, sono attività che ogni musicista compie in modi più o meno consapevoli.

Egli sperimenta cosi la necessità di coordinazione ed equilibrio delle sue funzioni fisiche, emozionali ed intellettuali, e la difficoltà che questo tentativo comporta.
Infatti, all’inizio ciascuno tende a potenziare le qualità che gli sono più congeniali o, come nel campo più vasto dell’educazione e dell’attività professionale, a privilegiare lo sviluppo unilaterale della persona.
Se consideriamo l’eccessiva attività del pensiero cui siamo abituati fin dall’infanzia e l’attitudine ricettiva e relativamente oggettiva necessaria all’ascolto, possiamo intuire l’importanza di rendere quest’ultimo più sensibile e consapevole, sia in ambito musicale, sia, in senso più ampio, come mezzo di relazione tra noi e il mondo.

La consapevolezza e la volontà che ne possono derivare sono facoltà che caratterizzano la qualità dell’essere di una persona e delle sue manifestazioni, sia sul piano fisico-motorio, che emozionale o mentale; in campo artistico, la loro unificazione armonica qualifica e distingue l’espressione più alta e compiuta.
Cosi, analogamente al musicista che per suonare accorda lo strumento, 1’essere umano deve accordare le sue funzioni per divenire padrone di sé.
II metodo Vittoz costituisce uno strumento pratico, semplice e profondo per avvicinarsi a questo obiettivo.

Controllo cerebrale


Il Dr. Roger Vittoz (1863-1925) psicoterapeuta di Losanna, unendo un profondo senso spirituale a un’instancabile ricerca scientifica, dedicò la sua vita alla cura dell’individuo nella sua globalità.
Pur vivendo in un’epoca in cui dominava fortemente i1 dualismo della filosofia occidentale, Vittoz, partendo dall’esperienza personale, orientò le sue ricerche in direzione dell’unita e dello sviluppo parallelo delle funzioni fisiche e psichiche dell’uomo, sia a scopo terapeutico che pedagogico.
Intorno al 1907 scopri le onde cerebrali che portano il suo nome. Queste onde, che si manifestano in micromovimenti di espansione e ritrazione dei tessuti, si modificano secondo l’attività cerebrale del soggetto e sono percepibili all’esame manuale della fronte.

Questa scoperta permise di osservare la principale funzione regolatrice dell’equilibrio psichico, ciò che Vittoz chiamò “controllo cerebrale”.
Questa funzione, naturale ed automatica nell’individuo equilibrato, è caratterizzata dalla padronanza della coscienza sulle forze inconsce: il suo effetto si estende quindi sia alle impressioni, sia alle idee e alle azioni.

Ricettività ed emissività

Come ogni cellula ed ogni organo del corpo, anche la psiche vive in conformità a due funzioni complementari: la ricettività e l’emissività.
Essa, infatti, riceve energia attraverso le percezioni sensoriali e ne emette attraverso l’elaborazione del pensiero, l’espressione dell’emozione e della volontà.
L’equilibrio psichico, dunque, dipende anche dall’equilibrio tra le attività di queste due funzioni.
La tendenza sempre maggiore a pensare più di quanto si senta, non permette al cervello il riposo e la ricarica di cui ha bisogno, con le conseguenti forme di affaticamento e di passività quali la riduzione dell’attenzione e della memoria, o al contrario la tensione eccessiva, 1’ansietà, ecc.

La tendenza del pensiero a sostituirsi alle altre funzioni, oltre a produrre risultati parziali o inadeguati, impedisce l’unita dell’individuo causando malesseri più o meno consapevoli che spesso si manifestano con disturbi psicosomatici.
Le ricerche di Vittoz sull’attività insufficiente o alterata del controllo cerebrale, lo condussero a strutturare il suo metodo di rieducazione che, agendo per sintesi, mirava a riattivare e coordinare progressivamente gli elementi fondamentali di questa funzione equilibratrice: la ricettività, la concentrazione e la volontà.

Per mezzo di esercizi appropriati ed azioni rese coscienti si ristabilisce il loro intervento spontaneo nella vita quotidiana.

Ricettività

Per ricettività s’intende la facoltà di percepire gli stimoli sensoriali in modo cosciente, senza l’interposizione del pensiero: ciò significa essere presenti al momento in cui si riceve un’impressione, per es. sonora, sentendo ciò che la sua vibrazione produce in noi. Non è uno sforzo di attenzione ma una registrazione esatta per “assorbimento”, una conoscenza silenziosa.
Allo stesso modo un’azione è resa cosciente quando la persona è totalmente presente a ciò che fa, senza alcuna distrazione: soltanto così sarà ricordata, poiché il cervello sente l’azione che si sta compiendo e la registra con precisione.
Chi non ha avuto dubbi sull’effettiva chiusura della porta di casa, una volta per strada, o sulla chiusura dei rubinetti della cucina a gas?
Quante sono le ripetizioni di azioni svolte meccanicamente e non ricordate perché il pensiero è proiettato altrove e la coscienza è assente?

Esercizio
Proviamo a chiudere la porta di casa, sentendo il contatto con la manopola, la torsione del polso e il suono della chiave nella serratura; sentiremo così la differenza tra ii ricordare un’azione che sappiamo più o meno di avere compiuto e il ricordarla chiaramente perché, oltre a saperlo, abbiamo sentito ciò che abbiamo fatto.
Ritornando al mondo dei suoni, ad esempio, mentre si suona è possibile sentire il movimento delle dita e l’organizzazione dell’intero corpo, percepire il contatto con lo strumento, sentire la vibrazione sonora diffondersi; avere la sensazione di noi stessi, dello strumento e dell’ambiente circostante: la sfera di sviluppo della facoltà ricettiva sembra senza fine.
Anche come ascoltatori, il mondo sonoro può essere ricevuto con un’apertura ed una disponibilità più ampie e profonde; allora possiamo accogliere in un’unica, seppur differenziata, visione, noi stessi e ciò che i suoni e la musica ci trasmettono, e in noi rimane un’impronta vivificante e duratura.

Esercizio
Sedetevi tranquillamente. Sentite di essere seduti, il vostro peso sulla sedia, i piedi appoggiati a terra.
Apritevi alla vibrazione di tutti i suoni che si presentano dal mondo esterno (i rumori della casa, della città, suoni e voci che passano, ecc).
Lasciatevi penetrare da queste vibrazioni, senza sforzo d’attenzione, come un bambino al risveglio, senza analisi né associazioni.
(Osservate sinceramente se è possibile e per quanto tempo).

Concentrazione

Mentre la ricettività e caratterizzata da una sensazione d’insieme e fornisce informazioni relativamente oggettive, la concentrazione e l’elaborazione di ciò che è percepito nella ricettività, e ha la proprietà di focalizzare e mantenere l’attenzione sul particolare, senza distrazione né tensione, sia esso un oggetto, una sensazione o lo sviluppo di un’idea.
La concentrazione ha lo scopo di regolarizzare l’emissione di energia. Ciò permette sul piano mentale di fissare, dirigere, ordinare il proprio pensiero, mentre sul piano fisico ha un’azione tonica e regolatrice.

Esercizio
Scrivete e pronunciate mentalmente la cifra uno (meglio se è scritta semplicemente con una linea verticale: I) da tre a sette volte, senza che alcun pensiero interferisca.
Tra ogni 1 scritto e detto mentalmente deve esserci un intervallo di riposo, di circa un secondo, durante il quale sospendere la visualizzazione della cifra.

Questo esempio si riferisce ad una forma di concentrazione, naturalmente non l’unica: ci si concentra contemporaneamente su un’azione (lo scrivere), sulla vista e sull’udito mentali e, inoltre, si esercita una forma di volontà che aiuta a cancellare ogni altro lavoro mentale.

Esercizio – Eliminazione
Su un foglio bianco porre due o tre oggetti; eliminarli uno dopo l’altro, finché non rimane che il foglio bianco. Osservarlo mantenendo la sensazione globale di sé.
Ripetere mentalmente rievocando tutto ciò che è stato fatto.
Con l’esercizio questa funzione può svilupparsi fino a permettere l’eliminazione di un’idea fissa o un’angoscia, senza identificarsi con lo stato psichico abbandonato, ma con la propria totalità.

Volontà

La volontà, per Vittoz, è un’energia particolare, propria ad ogni individuo, indipendente dalle circostanze interiori ed esteriori.
Essa si esprime quando l’unità interiore dell’uomo, prodottasi accordando il pensiero ed il sentimento all’esatta sensazione della realtà, può formulare un’adesione libera, elastica ed intelligente alle necessità del momento o può agire nella realizzazione di uno scopo.
Poiché la volontà è connessa con la personalità profonda, la sua massima espressione è la realizzazione di quest’ultima, dei suoi stessi scopi.
Il primo approccio alla volontà può essere effettuato su azioni semplici e piccole.

Esercizio
Sono seduto; alzo un braccio in un modo abituale. Riprovo:
sono seduto e mi chiedo di alzare un braccio, sento che sono io che lo voglio; sono io che dirigo il mio gesto. Sento l’impulso innescato ed agisco immediatamente.
Osservare la differenza fra un’azione di questo tipo e la prima dove è assente questo embrione di volontà.

In seguito la pratica potrà estendersi a situazioni più articolate, fino ad avvicinarsi alla riproduzione delle condizioni psichiche senza le quali è impossibile utilizzare l’energia della volontà. Queste condizioni sono caratterizzate da tre domande fondamentali:
cosa voglio? (chiarezza dell’idea quindi della percezione che la precede)
posso? (collegamento con la situazione interna ed esterna e le sue reali possibilità)
sono sincero? (apertura del sentimento profondo: perché lo voglio?)

Applicazioni

Il metodo Vittoz, nato come terapia delle psiconevrosi e applicato in seguito in ambito psichiatrico e pedagogico, per la sua caratteristica di sviluppare le qualità fondamentali dell’individuo a partire dalla sua realtà del momento, si presta ad un ampio utilizzo (coadiuvante, propedeutico o terapeutico).
Gli esercizi, semplici ed efficaci, partendo dalla dimensione fisica hanno un riflesso psichico e interiore: ciò ristabilisce un equilibrio e sviluppa le proprie capacità.
Il processo di apprendimento è relativamente breve e si effettua presso un insegnante specializzato che propone gli esercizi adatti secondo l’aspetto delle onde cerebrali e del ritmo personale: il percorso è quindi individuale.
È tuttavia possibile l’uso collettivo di alcuni esercizi per scopi specifici, ad esempio, per migliorare la qualità dell’attenzione in una classe o in un gruppo.
A questo proposito ricordiamo che gli esercizi proposti in quest’articolo sono da intendersi come semplici esempi e non come tappe successive di un percorso.

Il suono come strumento di riequilibrio

Di fronte all’iperstimolazione cui i nostri sensi sono sottoposti, la più comune reazione difensiva è quella di sviluppare una forma di indifferenza che tende a cronicizzarsi; in altri casi, invece, si manifesta una reazione di eccessiva sensibilità (alla vibrazione sonora per es.).
In entrambi i casi si evidenzia un’alterazione della facoltà di controllo; se questa fosse attiva, lo stimolo sonoro, senza differenziare i suoni dai rumori, potrebbe diventare l’occasione per ricondurre la percezione alla sua qualità naturale e permettere alla persona di riservarle il posto che le compete nell’istante.

“Intendiamo per equilibrio cerebrale normale quando ogni idea, impressione o sensazione, può essere controllata dalla ragione, dal giudizio, dalla volontà, che può essere dunque valutata, modificata o allontanata.” (R.Vittoz)

In campo più strettamente musicale, l’educazione alla ricettività conduce ad una più corretta attitudine all’ascolto e all’autoascolto e permette di migliorare il ritmo, l’intonazione, la qualità e l’espressività del suono; rende inoltre più profonda l’assimilazione e la memorizzazione dei brani musicali.

La pratica della concentrazione migliora la qualità e l’estensione dell’attenzione ed ha particolare importanza nella comprensione e nell’interpretazione delle composizioni, sia nei dettagli che nella globalità.

Oltre alle pratiche di unità psicocorporea, fanno parte di questa pratica alcuni esercizi di respirazione che, oltre a migliorare il ricambio di energia, trasformano il clima psichico, permettendo una migliore padronanza della tensione emotiva, dell’insicurezza e del panico da pubblico ed aiutano ad esprimersi senza esagerazioni soggettive. Inoltre sono utilizzati esercizi di deconcentrazione ed eliminazione (vedi sopra), che ripristinano la facoltà di abbandono di stati negativi o idee dominanti che, talvolta, possono compromettere qualsiasi attività o riposo.

L’educazione della volontà infine, sviluppa nella persona la capacità di strutturarsi ed autodirigersi, realizzando o accettando la propria vita invece di subirla.

“Occorre volere ogni azione che facciamo, siano esse piacevoli o spiacevoli, libere o imposte, dobbiamo sempre compierle liberamente.
Ciò da loro una vitalità più intensa e aumenta il loro valore.”
{R.Vittoz)

Francesca Volpe